Nonostante il calo del numero dei frontalieri italiani in Ticino sia diminuito, il tema resta di grande attualità nel dibattito politico. Nel voto per il rinnovo del Gran Consiglio (Consiglio cantonale) e del Consiglio di Stato (Esecutivo eletto direttamente dal popolo) di domenica 7 aprile avrà il suo peso. Il Ticino si è distinto con una flessione del 4,1% (-2’705 persone) a fine settembre 2018 rispetto allo stesso periodo del 2017 e dell’1,6% (-1’012) facendo il confronto con fine giugno.
Il picco era stato toccato nel secondo trimestre del 2017, con 66’046 lavoratori da oltrefrontiera, ma nonostante il calo le località sulla fascia continuano a segnare un importante numero di pendolari che le raggiungono per motivi di lavoro. In totale i frontalieri registrati sono 63.144. Prima la Lega ticinese e poi l’UDC li hanno strumentalizzati per accrescere il consenso politico come è avvenuto in Italia nei confronti degli immigrati stranieri.
E così frontalieri (lavoratori concorrenti ai lavoratori residenti in Ticino), ristorni (il 38,8% delle imposte alla fonte prelevate sulla manodopera transfrontaliera viene riversato dal cantone Ticino ai comuni italiani nelle zone a ridosso del confine a titolo di compensazione finanziaria: nel 2017 il Ticino ha versato all’Italia 83 milioni di franchi), dumping salariale (tendenza dei salari al ribasso) e accordi fiscali (l’Italia non ha mai ratificato l’accordo del 2015) sono sempre al centro della politica del piccolo cantone elvetico.
In tutti i cantoni della Svizzera lavorano complessivamente 314 mila frontalieri: francesi, tedeschi e italiani.