Sono quattro gli oggetti posti in votazione il prossimo 25 settembre e su cui il popolo svizzero si dovrà esprimere: 1) Iniziativa sull’allevamento intensivo; 2) Aumento dell’IVA per un finanziamento supplementare dell’AVS; 3) Riforma AVS 21; 4) Modifica della legge sull’imposta preventiva. Naturalmente, l’attenzione principale di questa tornata elettorale è concentrata sulla riforma AVS 21 con il collegato aumento dell’IVA.
Come si ricorderà, il Parlamento aveva approvato la riforma AVS 21 il 17 dicembre 2021 con lo scopo di assicurare l’equilibrio finanziario dell’assicurazione (fino al 2030) e di mantenere il livello delle sue prestazioni.
LE MISURE PREVISTE DALLA NUOVA LEGGE
Le misure previste dalla legge sono in particolare l’innalzamento dell’età di pensione delle donne da 64 a 65 anni, una maggiore flessibilità dell’età di pensionamento e inoltre, con un apposito decreto, l’innalzamento dell’IVA per garantire il finanziamento supplementare dell’Assicurazione per la Vecchiaia e per i Superstiti.
Contro questa riforma (in particolare sull’innalzamento dell’età pensionabile delle donne) c’è stata una levata di scudi da parte di tutti i Sindacati e dei partiti di sinistra che hanno lanciato subito un referendum e già a marzo di quest’anno, in solo tre mesi, erano state depositate alla Cancelleria federale oltre 150 mila firme (più del doppio del necessario).
Dunque, il 25 settembre il popolo sarà chiamato alle urne per esprimersi due volte su uno stesso oggetto. Si tratta appunto della nuova legge e del decreto federale sull’aumento dell’IVA che sottostà a votazione obbligatoria. La nuova riforma potrà entrare in vigore se entrambi gli oggetti saranno approvati dal popolo. In tal caso la riforma entrerebbe in vigore il 1° gennaio 2023 con effetto però delle nuove disposizioni dall’anno 2024.
UN RISPARMIO A CARICO DELLE DONNE
Le Acli in Svizzera invitano fortemente a respingere la riforma AVS 21, indicando due NO ai due requisiti dell’oggetto previdenziale. Il fulcro della nuova legge AVS 21 è l’aumento dell’età pensionabile delle donne. Nei prossimi 10 anni, questo dovrebbe far risparmiare 10 miliardi di franchi svizzeri. Una parte sostanziale dei costi di questo pacchetto di riforme sarà quindi a carico e a scapito delle sole donne.
Se i favorevoli alla legge parlano di parità di diritti fra uomo e donna, pareggiando così l’età pensionabile, sappiamo benissimo come questo non sia assolutamente vero riscontrando ancora oggi, nel mondo professionale e nella società civile, significative e sostanziai differenze nei salari e nelle relazioni. Viene inoltre deliberatamente ignorato come le pensioni del primo e secondo pilastro delle donne siano inferiori di un terzo rispetto a quelle degli uomini.
Inizialmente il Consiglio federale aveva chiesto che anche gli uomini possano anticipare la rendita a partire dai 62 anni, come oggi le donne, ma la riforma approvata ha deciso che uomini e donne possano anticipare il pensionamento dai 63 anni (con l’eccezione della generazione transitoria delle donne che possano continuare ad anticipare la prestazione a 62 anni). Questo punto doveva essere indiscutibile anche perché trattato e ragionato nella “Previdenza vecchiaia 2020” che venne respinta dal popolo nel 2017, ma purtroppo il Parlamento ha deciso altrimenti.
PRIMO PASSO VERSO LA PENSIONE A 67 ANNI
L’innalzamento dell’età delle donne sarà poi di sicuro un primo passo per un successivo aumento generale dell’età di uomini e donne da 65 a 67 anni.
Non deve pertanto affermarsi l’idea di innalzare l’età come una facile opzione per finanziare l’AVS. Oltre ai sindacati e partiti di sinistra, anche un comitato di donne proveniente da ambienti economici, scientifici, agricoli, culturali e politici invita a respingere la riforma AVS 21 affermando che occorre “prima l’uguaglianza, poi la riforma”, perché a causa di “anacronistiche norme culturali vigenti, rigidità del mercato del lavoro e insufficienza di servizi di conciliabilità, a parità di formazione e competenze le donne non hanno le stesse opportunità di reddito degli uomini”.
Come Acli Svizzera, dunque, vogliamo ascoltare il grido e le rivendicazioni delle donne e diciamo NO alla riforma AVS 21.
Gaetano Vecchio
(presidente Acli Argovia)