Cetta è un creativo, un “diverso”, per usare un suo termine, che nasce pittore, poeta, curioso multidisciplinare, ma che poi per quarant’anni si dedica interamente alla chirurgia e alla ricerca clinica. Una volta conclusa la sua carriera accademica, ritorna a occuparsi di arte, e scrive un saggio su De Pisis, di letteratura, e scrive “Una nuova lettura di Céline”, di creatività, ma anche di problemi sociali, come i danni da inquinamento ambientale, la ludopatia, o i danni da abuso di Internet, o il complesso rapporto tra politici “soli al comando” ed elettori. Si tratta, in definitiva, di nuovo tipo di lettura, reso possibile da un approccio ed un metodo innovativo. Come ribadisce lo stesso autore, non è una lettura “alternativa”, ma “complementare”, arricchente, rispetto a quella della filosofia, psicologia, antropologia, sociologia. Indubbiamente a tutta prima il testo può apparire difficile, perché fa riferimento a strutture, percorsi meccanismi dell’organismo, che richiedono conoscenze specialistiche per una immediata comprensione. Però si capisce che, pur non essendo in grado di fornire prove definitive di un cambio di paradigma, perché la materia trattata è in continua evoluzione, con l’approccio fisiopatologico si possono spiegare apparenti paradossi, incongruenze, misteri che riguardano la formazione del sé, il ruolo rispettivo della genetica, dell’epigenetica e del microbioma, la formazione del self e dell’autocoscienza, la componente soggettiva della coscienza ,che sono fondamentali per i nostri comportamenti e le nostre scelte quotidiane, il nostro impulso alla generosità o all’intolleranza, ed anche nella complessa dinamica tra politici che ambiscono al potere ed elettori.
Nel saggio si indaga la struttura organismica dal punto di vista clinico, e si sottolinea il ruolo della “malattia”, sia come caratteristica costante dei leader più potenti, degli “uomini soli al comando”, ma anche per l’emergenza dei talenti che hanno consentito a questi “malati”, dotati però di creatività non comune”, di raggiungere e mantenere il potere. Si sottolinea l’aspetto “duale” del “grande creativo”, che possiede contemporaneamente caratteri del bambino sognatore, contestatore, che non accetta le leggi imposte dagli altri, ma rispetta solo regole autoimposte, e dell’adulto maturo, dotato di tenacia e perseveranza non comune, capace di resistere alle avversità e di riuscire vincitore a dispetto degli avversari, mostrando a tutti i propri talenti, e dimostrandosi in grado di mantenere il potere e di realizzare la “propria visione”, che è quella di “cambiare il mondo”.
Quando si ha a che fare con personalità malate, o narcisisti, megalomani, con enorme “ego ipertrofico”, specie se super pianificatori, e poco empatici, (con scarsa compartecipazione alla sofferenza altrui, incluso la conseguenza in un evento bellico di morti o feriti, che vengono considerati freddamente come effetti collaterali necessari per raggiungere lo scopo prefisso), più che invocare la “razionalità”, che Sloterdjik ritiene che si possa diffondere come un virus, per contagio delle idee, conviene sottolineare che avere un “altro malato”, megalomane e narcisista come controparte forse non guasta.
Noi non siamo uguali. Siamo tutti diversi uno dall’altro. Strutturalmente. In ciascuno dei meccanismi dei 360 circuiti funzionali e in ognuno degli organi e dei tessuti che costituiscono il corpo umano.
Tra le pieghe della struttura organismica, a ben guardare, si possono trovare degli antidoti all’ineluttabilità degli algoritmi.