Dopo i saluti ed i ringraziamenti di rito da parte di Carmelo Vaccaro, l’Avv. Alessandra Testaguzza ha iniziato il proprio intervento spiegando come il diritto civile italiano preveda alcune formule per poter rinunciare alle proprietà (o comproprietà) immobiliari in Italia quando non si può o non si vuole continuare a mantenerle e non si riesce né a venderle né a donarle a titolo gratuito.
Il primo istituto affrontato è stato quello della rinuncia abdicativa, già prevista all’art. 827 del Codice Civile, il quale prevede che, a fronte della rinuncia formale alla proprietà, questa entri in automatico nel patrimonio dello Stato. Una recentissima sentenza a Sezioni unite della Corte di Cassazione (n. 23093 dell’11.08.2025), però, ha finalmente risolto i molti contrasti giurisprudenziali succedutisi nel tempo, a fronte dell’elevato contenzioso introdotto dall’Agenzia del Demanio teso ad annullare gli atti di rinuncia ed impedire la loro acquisizione automatica da parte dello Stato, con varie motivazioni: illiceità della causa, illiceità del motivo, frode alla legge, abuso del diritto spesso con richiesta di risarcimento danni. La Cassazione ha così finalmente confermato la perfetta liceità dell’atto di rinuncia e la validità di questo strumento, assicurando così l’uniformità dell’interpretazione della legge e l’unità del diritto.
Concretamente, la rinunzia abdicativa è un negozio unilaterale non recettizio, che non richiede cioè la conoscenza né tanto meno l’accettazione da parte di altri soggetti. Si tratta di un atto notarile (quindi bisogna rivolgersi ad un notaio italiano in Italia) che deve essere trascritto nei Registri Immobiliari. L’acquisizione da parte dello Stato è, a questo punto, automatica perché l’acquisto deriva dalla legge. Quindi, quando il proprietario, non solo non trae alcuna utilità da fabbricati e terreni di cui è titolare, ma deve anche sostenerne i costi spesso non irrisori (IMU, interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria…), egli può legittimamente, a fronte dell’impossibilità di vendere o di donare, rinunziare a quelle proprietà decidendo senza interferenze e senza previ consensi da parte di nessuno.
Quanto al secondo argomento della serata, la rinuncia al diritto di comproprietà, l’Avv. Testaguzza ha spiegato come anche per questo tipo di rinuncia bisogna recarsi da un notaio italiano in Italia per formalizzare la propria volontà di disfarsi di una comproprietà di beni immobiliari problematica (pensiamo ai numerosi casi in cui ci si ritrova comproprietari, magari assieme a moltissimi altri soggetti, di terreni agricoli). In questi casi si è di fatto è impossibilitati a vendere e a donare. La rinuncia al diritto di comproprietà diventa dunque l’unica strada percorribile in alternativa alla richiesta di divisione giudiziale dei beni al Tribunale competente. Questo tipo di rinuncia determina l’aumento automatico delle quote degli altri comproprietari, senza la necessità di un’accettazione formale da parte di questi ultimi.
È bene ricordare come la rinuncia al diritto di comproprietà è fenomeno diverso dalla rinuncia abdicativa, che invece si verifica nei casi in cui il proprietario (unico) o i proprietari (tutti) integralmente si spogliano del diritto di proprietà.
La conferenza è proseguita con l’intervento di Gabriele Picco che ha ricordato come il ricorso a questi istituti non comporti alcuna conseguenza sfavorevole a livello fiscale per i residenti in Svizzera. Per quanto riguarda i beneficiari di prestazioni complementari, invece, si è chiarito che è prevista una forma di penalizzazione, consistente nel continuare a considerare il soggetto che si è spogliato dei beni immobili come loro proprietario ancora per tutto l’anno solare successivo alla rinuncia. È solo in seguito che il valore dei beni a cui si è rinunciato viene ridotto di 10’000 CHF l’anno, proprio come se si trattasse di una donazione. Concretamente, ciò che significa che chi è già beneficiario di prestazioni complementari non subirà penalizzazioni ulteriori rispetto a quelle applicate rimanendo proprietario del bene, ma solo che il vantaggio della rinuncia a livello economico comincerà a manifestarsi solo trascorso un certo periodo di tempo. Se si considera che questi beni “indesiderati” e invendibili hanno generalmente valori molto bassi, la rinuncia abdicativa e al diritto di comproprietà rimangono quindi degli strumenti molto interessanti e anzi spesso opportuni. Gli unici casi in cui è richiesta maggiore prudenza sono quelli in cui la persona ha un debito nei confronti del Servizio delle prestazioni complementari oppure sa di non aver dichiarato la totalità dei propri redditi e averi alle autorità svizzere.
La conferenza si è conclusa con varie domande dei presenti e l’invito a partecipare alle prossime serate informative e alle future manifestazioni organizzate o coordinate dalla SAIG.

