On. Ricciardi, non è passato inosservato, il suo impegno per la promozione all’estero dei Referendum abrogativi: dalla raccolta firme che anche in Svizzera, come nel resto d’Europa, l’ha vista protagonista, fino alle diverse iniziative pubbliche a cui ha presenziato. I primi quattro Referendum riguardano, tuttavia, il lavoro italiano, quali, dunque, le motivazioni del coinvolgimento della comunità italiana all’estero?
Per una ragione molto semplice: in qualità di eletto nella Circoscrizione estero, il mio compito è salvaguardare e difendere i diritti delle italiane e degli italiani nel mondo, e nello specifico, residenti nella Circoscrizione Europa. Questi Referendum parlano in primis alla nostra comunità migrante, come ho sempre sostenuto, infatti, credo che la nostra lodevole Costituzione, atto primo della nostra Repubblica, si fondi non soltanto sul lavoro, ma sul lavoro in (E)migrazione.
I primi quattro quesiti referendari, nel loro atto affermativo, chiedono un cambiamento importante del lavoro italiano: maggiori tutele, stabilità, sicurezza, in due parole maggiore dignità. Molte e molti di noi italiane/i nel mondo, e questa è la storia del nostro Paese, sono migrante in passato, e continuano a farlo tutt’oggi, per lavoro: di lavoro e precarietà in Italia si muore o si parte, la retribuzione garantita, quando c’è, non assicura la progettazione di una vita dignitosa, per di più giovani stagisti, così come operai qualificati, rischiano ogni giorno di non rientrare a casa perché morti ammazzati per un incidente sul lavoro. Questa condizione ha portato 190.000 giovani e meno giovani italiani e italiane a lasciare il nostro Paese nel 2024, si è ritornati a record storici dell’emigrazione italiana. Per questi motivi, e per rivendicare la dignità e la storia del nostro lavoro migrante, tutto questo non è più accettabili ed è fondamentale che la comunità di italiane e italiani del mondo sia coinvolta direttamente nella promozione del Sì ai quesiti referendari sul lavoro.
Il quinto quesito referendario riguarda la cittadinanza italiana e chiede la riduzione da 10 a 5 anni di residenza legale in Italia, per i cittadini stranieri maggiorenni, per la presentazione della richiesta. Perché la comunità di italiane e italiani in Svizzera, così come in Europa e nel mondo, dovrebbe scegliere di votare Sì a questo quesito?
Sul quinto quesito referendario, quello sulla cittadinanza, si è fatta molta confusione.
Il quesito, nella sua formulazione, chiede esclusivamente, la riduzione degli anni – da 10 a 5 – che consentono di presentare la domanda di cittadinanza per gli/le stranieri/e maggiorenni/e che vivono, crescono, lavorano, studiano stabilmente e giuridicamente in Italia. Sia chiaro a tutte e tutti, gli altri requisiti necessari per accedere alla cittadinanza italiana resterebbero invariati, tra questi: la conoscenza certificata della lingua italiana, un reddito adeguato, l’assenza di precedenti penali e il rispetto degli obblighi fiscali.
Il quinto quesito, dunque, così come presentato rappresenta un appello immediato alla nostra comunità, alla nostra storia e biografia migrante. Se siamo espatriati/e per lo più per ragioni legati al lavoro, abbiamo poi dimostrato nel Paese di arrivo, una determinazione esemplare nel reclamare i nostri diritti d’integrazione.
In Svizzera, ad esempio, la nostra comunità, tradizionalmente organizzata, si è distinta nelle lotte per la doppia cittadinanza, contro le diverse iniziative Schwarzenbach, contro lo statuto degli stagionali, contro l’infanzia negata, dimostrando una forza di mobilitazione straordinaria nel rivendicare il diritto d’integrazione. Nelle lotte degli italiani e delle italiane nel mondo, la cittadinanza è sempre stata reclamata quale complemento di un processo d’integrazione e non come un regalo arrivato dall’altro. Tale è ciò che sigilla il quinto quesito qualora vincesse il Sì, e questa dovrebbe restare la nostra sensibilità nel valutare la promozione di un iter ridotto nella richiesta della cittadinanza italiana.
Nelle scorse settimane è stato approvato in via definitiva alla Camera il DL cittadinanza. È stato un voto che ha lasciato un segno profondo non solo nella politica, ma anche nelle comunità italiane nel mondo. Perché? E in che modo quanto successo in quello che lei ha ribattezzato “il giorno della vergogna” dovrebbe mobilitare maggiormente le/gli italiane e italiani all’estero nel prossimo voto referendario?
I motivi per i quali il Partito Democratico si è battuto aspramente in aula contro l’approvazione di questo decreto – nel silenzio scandaloso dei rappresentanti eletti all’estero delle forze di governo – sono molteplici e diversi tra loro. A partire dal fatto che il Governo ha deciso di utilizzare, per questa norma, lo strumento del decreto d’urgenza, parlando addirittura di “questione di sicurezza nazionale”. Se ne deduce, quindi, che i cittadini italiani all’estero, adesso, sono un problema di sicurezza nazionale. I punti nodali delle norme introdotte pochi giorni fa vanno a incidere in profondità nella vita delle persone. Per far capire a tutti ciò che intendo dire, parlerò del mio caso personale, in Svizzera, quasi il 65% di italiani residenti ha la doppia cittadinanza. Qui siamo ormai alle quarte generazioni. Il vulnus creato dal decreto 36 è senza precedenti. Mia figlia è nata nel 2020 a Ginevra ed è svizzera e italiana, perché io sono doppio cittadino. Se in futuro dovesse nascermi un secondo figlio, io non potrei trasmettergli direttamente la cittadinanza italiana; potrei farlo soltanto grazie alla mono-cittadinanza di mia madre. Un’anomalia incredibile. In più tutta questa vicenda ha un risvolto culturale fondamentale: che cosa significa oggi italianità, come si declina concretamente? Come abbiamo ricordato nel dibattito in aula, il Governo Meloni ha tagliato, con un colpo di accetta, il legame storico e profondo tra il nostro Paese e le sue grandi collettività sparse in tutto il mondo. Davvero, giunti a questo punto, noi italiani all’estero ci sentiamo una minaccia e non più una risorsa. Per tutte queste ragioni diventa ancora più dirimente una mobilitazione importante della nostra comunità di italiani e italiane nel mondo e questi referendum offrono a tutte e tutti noi il primo prezioso strumento: è il momento di difendere quanto abbiamo conquistato, ovvero in primis il nostro diritto di voto all’estero e insieme ad esso la nostra italianità che un decreto-legge approvato in notturna non potrà mai cancellare. Per tutto questo il mio invito è votare e far votare 5 volte Sì ai Referendum.