Nicola Paola, il rinnovatore dei calabresi di Soletta

Nicola_PaolaIntervista con Nicola Paola, presidente dell’Associazione Calabrese di Soletta e corrispondente consolare di Basilea. Dopo la passione per il calcio, si dedica al rinnovamento dell’associazionismo. La difficoltà di ripartire dopo quasi due anni di fermo per la pandemia.

Arrivato in Svizzera nel 1987 da un paesino della Calabria, Conflenti, come tanti ragazzi calabresi dopo il diploma. Negli anni 2000, Nicola Paola avendo ormai messo su famiglia, e abbandonato l‘attività di arbitro di calcio, comincia ad interessarmi dell’associazionismo. Negli anni che seguono e con l‘avvento delle nuove tecnologie e mezzi di comunicazione, è attivo nella divulgazione di notizie attraverso i social. Nel 2017 viene notato dall’allora Console di Basilea e lo nomina Corrispondente Consolare. Incarico che ancora svolge con tanta dedizione e passione.

Quando ha scoperto l’associazionismo calabrese?
Entrai a far parte dell’Associazione Calabrese di Solothurn negli anni 2000. Non particolarmente entusiasta del modo di fare, tentai di proporre le mie idee di rinnovamento, come la creazione di un giornalino dal nome “Radici”, pubblicato solo una volta e poi abbandonato per scarsa collaborazione da parte degli altri del comitato. In quegli anni ero anche segretario della federazione, ma dopo tre anni lasciai sia l’associazione che la federazione.

Le ha lasciate per sempre?
No, attorno agli anni 2010 nell ‘associazione ormai ridotta a 20 soci, avviene una svolta grazie ad un nuovo comitato direttivo guidato dal Presidente Michele Palermo. Allora rientro come segretario e finalmente vedo la possibilità di fare un cambiamento radicale che insieme al nuovo comitato mettiamo in atto.

E quali sono state le novità?
Non si faranno più le gare di briscola, ma si cercherà di coinvolgere le famiglie giovani organizzando eventi nuovi. Siamo i primi a cominciare a usare i social come mezzo di informazione e pubblicitario, oltre che a creare un nostro sito, www.acs-solothurn.ch. Partecipiamo al grande evento organizzato in collaborazione col Comune di Grenchen e altre associazioni italiane per i 150 anni dell’Unità d’Italia. Nel 2011 decidiamo di abbandonare la federazione, visto lo stallo che dura da diversi anni, la mancanza di programmi seri da parte della stessa e il continuo declino della stessa e continuiamo per la nostra strada da soli.

In questi anni si vede un continuo crescendo e in pochi anni si passa da un numero di 18 soci a 200 circa. La gente apprezza quello che si fa: serate musicali, concorsi fotografici, sfilate di moda, festa di carnevale ecc. Si fa anche tanta solidarietà con cospicue somme devolute all’associazione per la ricerca del cancro, alla missione cattolica e altri ancora. Bello anche la nuova festa dei soci dove San Nicolao porta regali veri ai bambini, e le gite annuali dove il Comitato che lavora gratuitamente alle feste ha la gita pagata dall’associazione. Si ha un continuo crescendo fino al picco nel 2015. Negli anni a seguire un assestamento.

La pandemia come ha inciso nella vostra attività?
Infatti, tutto precipita nel 2020 con l ‘arrivo della pandemia. A febbraio il tanto parlare di questo virus spaventa la gente. Noi avevamo organizzato il Carnevale, ma tanti disdicono e dopo una settimana della nostra festa cominciano le restrizioni e chiusure. Si va incontro a un anno brutto per tutti e con un‘esperienza mai vissuta prima.

Ora va meglio?
Attualmente stiamo ripartendo, dopo una festa in sordina a ottobre, adesso sembra che la gente abbia meno paura. Purtroppo in questo periodo di pandemia sono cambiate tante cose. Adesso le persone hanno capito anche che la vita va vissuta, e quindi bisogna anche divertirsi. Questo è trapelato dai nostri soci, che hanno tanta voglia di scatenarsi come prima nei balli di gruppo, e passare delle belle serate in compagnia.

Noi siamo pronti. Fra pochi giorni avremo la nostra consueta festa dei soci dove tornerà il San Nicolao per far felici i bambini. Stiamo anche organizzando il Capodanno, sperando che non ci siano nuove restrizioni, pur sempre nel rispetto delle ordinanze federali. Forse non sarà una grande festa come negli anni passati, non ci sarà un’orchestra o gruppo italiano, ma l‘importante è ripartire, divertirsi e aver tanta voglia di vivere.

Avete già un cartellone di iniziative…
Per il prossimo anno ritorneremo a fare una gita, probabilmente ripartiremo da dove ci eravamo fermati, quindi sarà riconfermata la gita a Praga. In progetto abbiamo anche un grosso evento a fine estate. Cercheremo la collaborazione di Comites e Istituzioni per far sentire che a Solothurn esiste una grande associazione con la quale costruire qualcosa insieme. Ma a fine anno, nell’assemblea dei soci, penso di lasciare la carica di Presidente, essendo molto impegnato con altri incarichi, pur continuando a dare il mio contributo nel comitato.

BREVE STORIA DELL’ACS:
Negli anni ‘70, in periodo di crisi economica nascono tante associazioni regionali italiane, fra di esse viene fondata il 15 ottobre 1974 a Solothurn con il   nome di Associazione Regionale Calabresi Emigrati A.R.C.E.  A questa associazione si chiedeva sostegno per coloro che, abitando in Svizzera, erano confrontati con la questione del lavoro e dell’alloggio nonché alle crescenti manifestazioni xenofobe di quegli anni. L ‘associazione aveva come scopi:

  1. Promuovere ed operare al miglioramento socio economico dei calabresi, e favorire l’inserimento nel tessuto sociale del paese ospitante;
  2. Stabilire contatti con le autorità della Regione Calabria per meglio affrontare i problemi della comunità calabrese;
  3. Informare con tutti i mezzi a disposizione, la collettività calabrese su tutto quanto può loro interessare;
  4. Promuovere manifestazioni di carattere culturale e ricreative, atte ad elevare moralmente e socialmente gli associati.

Nell’ottobre 1992 viene cambiato il nome in A.C.S.  (Associazione Calabresi Soletta). L’ACS è stata anche una delle fondatrici di una federazione di associazione regionali calabresi che si chiama FACIS. Col passare degli anni, migliorando lo stato sociale, i giovani non si identificano più mei modelli associativi tradizionali e, senza rinnegarne il valore storico, rivendicano la necessità di sviluppare nuove forme organizzative, in una logica di maggior impegno culturale.  Per questo si assiste a un costante declino.