Per rimanere solo al periodo romano è noto che gli antichi romani amavano mangiare bene, basti pensare a Lucullo e ai suoi sontuosi banchetti nelle ville a Pizzofalcone o a Castel dell’Ovo, così memorabili e sfarzose da aver generato il termine luculliano per indicare una festa con grande generosità di cibo e bevande. Anche negli affreschi pompeiani ritrovati ci sono numerosissime testimonianze dell’intensa attività gastronomica raggiunta dai romani più di duemila anni fa, mangiavano più volte, almeno due, durante il giorno, per poi eccedere la sera distesi sul triclinio.
Dai pranzi e, soprattutto, dalle cene ci sono arrivati alcuni piatti che ancora oggi fanno parte della tradizione e della cultura culinaria partenopea. Il garum ad esempio, una sorta di salsa ottenuta dalla macerazione al sole delle interiora dei pesci che veniva conservata nelle famose anfore romane e che oggi ha come erede moderno la colatura di alici di Cetara, bellissima località della Costiera Amalfitana. Il pane, di cui sono stati ritrovati numerosi resti negli scavi dell’antica Pompei. Al cuoco romano Apicio sono attribuite le invenzioni della minestra maritata, della caponata e, soprattutto delle zucchine alla ‘’scapece’’, ovverossia ‘’alla maniera di Apicio’’, fritte prima e poi lasciate a lungo in aceto, un piatto molto particolare e straordinario della cucina e della cultura napoletana. Anche il coniglio nelle fosse dell’Isola d’Ischia fu introdotto dai romani, così come la pizza, da ‘’pinsere’’, schiacciare, quindi schiacciata, ‘’pinsata’’. Poi il farro con la sua farinata condita da legumi e carne di maiale, il ‘’miglio’’, i ceci e le fave. Infine le olive, l’aglio, gli odori, le erbette di oggi, il sedano, il basilico e soprattutto il prezzemolo, dal greco ‘’petrosélinon’’, il ‘’petroselinum’’, ‘’o pputrusino’’ dei cittadini di Neapolis e dei napoletani di oggi.
Pricipalmente con le dominazioni francese e spagnola si delineò una netta divisione tra la cucina napoletana popolare e quella aristocratica. La prima essenzialmente legata agli ingredienti della terra, la seconda caratterizzata da piatti più elaborati e di ispirazione internazionale.
Grazie alle rielaborazioni avvenute nei secoli e alle varie contaminazioni con culture culinarie più nobili, la cucina napoletana vanta ora una vastissima gamma di pietanze che ha gradualmente mescolato ed elaborato piatti di campagna e pietanze di città, lavorando anche su antiche ricette per adattarle alla esigenze della moderna società e alla fine trasformando e modificando molti sapori ma che a tavola riesce sempre ad offrire qualcosa in più: i profumi dei suoi piatti tipici sono infatti l’introduzione ad una città che riesce davvero ad incantare i turisti in giro per monumenti, vicoli e chiese, accompagnata da uno straordinario e caratterizzante corredo di ortaggi e frutta locali, da diverse lavorazioni degli insaccati e del latte e ancora da prodotti ittici di grande qualità e vini pregiati. Basta frequentare per un po’ i vicoli dei quartieri popolari per avere un’idea di quello che l’odierna Neapolis può offrire a chi ha la fortuna di poterli visitare o addirittura di viverci così come ho fatto io e che ha radicalmente cambiato la mia vita e il mio modo di essere, culinariamente ma non solo. La cucina di Napoli è nota in tutto il mondo, basta pensare ai suoi due piatti più famosi: la pizza e gli spaghetti al pomodoro, una vera e propria ‘’arte culinaria napoletana” poiché conserva ancora un repertorio di piatti, un insieme di procedure e sapori che delineano ancora oggi una precisa identità gastronomica.
Con l’arrivo dall’America dei pomodori,delle patate, delle melanzane, dei peperoni, dei fagioli e del cacao la cucina napoletana subì una profonda trasformazione. Questi nuovi ingredienti, con i loro caratteristici aromi, contribuirono a modificare radicalmente la caratteristica dominante agrodolce che aveva contraddistinto, fino ad allora, la cucina all’ombra del Vesuvio, dando vita ad un’infinità di piatti e pietanze che oggi come ieri si possono trovare ovunque, sia lungo i vicoli della parte storica che nei ristoranti e nelle pizzerie cittadine ma, principalmente, in ogni casa napoletana.