Lo Chef Antonio Arfe’ nasce a Napoli nel quartiere Chiaia, da una famiglia impegnata nel commercio di generi alimentari fin dal 1870. La prima attività fu impiantata nei Quartieri Spagnoli, tuttavia, nel 1948, venne aperta una seconda sede in via Giacomo Piscicelli, zona Chiaia, che è attualmente ancora operativa e costituisce uno degli esercizi storici più rinomati della zona. Fin da giovanissimo, terminati gli studi, per una serie di vicissitudini personali, decide di iniziare a lavorare nell’attività familiare che si occupava, principalmente di fornire molti ristoranti, ed è proprio durante le consegne che si soffermava sempre nelle cucine assistendo, estasiato, a tutto il lavoro dei cuochi.
Proprio in un noto circolo di Posillipo, su suggerimento di uno Chef, decide di dare una svolta aziendale introducendo, accanto ai generi alimentari, anche la vendita di prodotti preparati e cibi cotti. Inizia quindi ad impiantare una cucina in un locale adiacente al negozio e, seguito professionalmente da uno Chef, si iscrive, allo stesso tempo, ad un corso di cucina della Capac Sud. Terminato il corso, finalmente, comincia una vera escalation professionale: infatti i cibi cotti per asporto vanno a gonfie vele, inizia la refezione scolastica di scuole comunali e private e avvia una società volta all’ apertura di un ristorante di ben 60 coperti; a seguire lavora per 18 mesi alla “Taverna degli amici”, 4 anni al Bagno Elena, poi a Cannes (Francia) e ancora in giro per l’Europa. Docente in vari corsi di cucina, esperto esterno agli esami di qualifica in diversi istituti alberghieri, consulente. In Gastronomia, la sua attività, nel frattempo inizia con i catering, partecipando a tantissime manifestazioni, vincendo l’oro assoluto in una competizione nazionale di cucina calda a squadre. Lavora anche 18 mesi presso la tenuta La Marca a Saviano, poi è lo Chef presso il Ritrovo del buongustaio, a seguire è lo Chef del Royal Vesuvio di Trecase e alla Maison Toledo di Pozzuoli, oltre a ricoprire la carica di docente presso l’ISFAD.
Attualmente lavora presso la propria omonima Gastronomia Arfè, che da sempre ha costituito la palestra dove si è formato e dove si tengono spesso corsi di cucina e sperimentazioni di nuovi piatti in collaborazione con diversi colleghi. Creare un nuovo piatto, ci dice il nostro Chef Antonio Arfè, significa esprimere se stessi, quando si cucina si esprimono le sensazioni più nascoste per narrare la propria natura, mettendo insieme le “note” della personalità di ognuno, quasi creando una sinfonia. Infatti, in cucina tutto avviene secondo un ritmo metodico e, da appassionato di musica, ha sempre sostenuto che chi cucina è come se realizzasse una melodia, esattamente come un compositore. Il complimento migliore che si possa ricevere, continua lo Chef Antonio, è la totale soddisfazione del cliente. Le sue creazioni sono legate al bagaglio culturale culinario basato sulla tradizione napoletana e propone, infatti, diversi piatti della cucina partenopea ma rivisitati secondo il suo gusto creativo ma che, comunque, mantengono un legame indissolubile con Napoli.
Ed eccoci ad una delle tantissime ricette del nostro Chef Antonio Arfè, la zuppa di soffritto (in dialetto napoletano zuppa ‘e suffritte), o zuppa forte, un tipico condimento della cucina napoletana. Tipica zuppa di frattaglie suine preparate e servite nelle vinerie e trattorie popolari della Napoli di un tempo, preparato soprattutto nei periodi invernali per offrire agli avventori un piatto ricco e sostanzioso e adatto a combattere il freddo. Le frattaglie, parti meno nobili del suino, anche conosciute come quinto quarto, chiamate così perché costituiscono tutto ciò che non rientra nei quattro tagli principali (anteriori e posteriori) dell’animale.
Nello specifico, rientrano nel quinto quarto: trippa, rognoni, cuore, polmoni, diaframma, fegato, milza, intestino tenue, testicoli, mammelle, cervello, lingua, coda e zampe. Quindi, essenzialmente un quarto extra, rispetto agli altri dai quali si ricavano gli altri tagli di carne. La zuppa forte è molto usata nei quartieri più poveri della città di Napoli, ed in effetti quest’insieme di frattaglie di maiale viene insaporito dal pomodoro e da una generosa spruzzata di piccante, a cui si aggiungono degli aromi a noi molto familiari come l’alloro, l’aglio, il rosmarino e la salvia.
Ingredienti: le frattaglie del quinto quarto kg. 2,5 – sugna kg 1 – concentrato di pomodoro gr. 500 – concentrato peperoni piccanti gr. 500 – aromi naturali ( alloro, rosmarino, salvia) – sale q.b.
Procedimento: in una pentola capiente sciogliete la sugna a fiamma moderata e, appena sciolta, aggiungete le varie frattaglie ed, eventualmente, altri pezzi di scarto ridotti grossolanamente a dadi, unite quindi gli aromi vari e lasciate cuocere fino a quando non evapori tutta l’acqua venuta fuori e il tutto inizia a sfrigolare. A questo punto aggiungete sia il concentrato di pomodoro che quello di peperoni e lasciate ancora cuocere a fiamma bassa fino quando si saranno formate le classiche bolle, appunto, della bollitura, quindi aggiustate di sale e servite bollente con crostoni di pane o, se gradite, potete anche condire dei classici bucatini di Gragnano. Matilde Serao, nel ‘’Ventre di Napoli’’, parlando delle abitudini gastronomiche dei napoletani sentenziò: ‘’La massima golosità è il soffritto: dei ritardi di carne di maiale cotti con olio, ‘pomidoro’, peperone rosso, condensati, che formano una catasta rossa, bellissima all’occhio, da cui si tagliano delle fette: costano cinque soldi. In bocca, sembra dinamite’’.