“La paura dell’altro paralizza valori e pensieri”

convegno_fclisAl convegno della Federazione Colonie Libere Italiane e Chiesa Valdese di Zurigo confronto sulle tematiche legate alle migrazioni con foto e testimonianze dal mondo.

Paura. Questo il termine ricorrente durante la tavola rotonda tenutasi nell’ambito dell’evento Migranti ieri e oggi a Zurigo dal 29 al 31 marzo 2019. La paura dell’altro, del diverso sembra immobilizzare la politica italiana. Si fatica ad affrontare il tema migratorio in modo pragmatico, senza farsi condizionare dal consenso immediato così come da atteggiamenti moralistici.
Eppure, «la paura si può combattere solo con politiche d’integrazione efficaci». Ad affermarlo è stata Rosanna Raths-Cappai, responsabile di progetto del Servizio per l’integrazione della città di Zurigo, una città europea con una quota di stranieri pari a oltre il 30% rispetto alla popolazione residente.

IL LAVORO FOTOGRAFICO DI CLAUDIO COLOTTI
Ad aprire l’evento di venerdì sera è stato Claudio Colotti con la presentazione del suo progetto fotografico MICROPOLIS – La città di provincia al tempo del Melting Pot.
«In questo lavoro ho cercato di restituire alla città il suo volto cosmopolita, con tutte le sfumature dell’umanità che la abita: dai ragazzi della generazione Z agli anziani passando per i migranti e i borderline», così l’autore della mostra ha descritto il suo approccio al progetto. Le fotografie sono state scattate a Civitanova, una città che fino a qualche anno fa vantava un reddito pro capite tra i più alti d’Italia, la crisi, i migranti e il sisma del centro Italia l’hanno trasformata nella città più popolosa della Provincia di Macerata, conferendole un respiro quasi metropolitano. Per Claudio Colotti Civitanova è stata il pretesto per affrontare temi di stringente attualità: «il mutamento delle città italiane nel tempo delle migrazioni, lo sforzo dei più giovani di crearsi punti di fuga laddove le prospettive ristagnano, la capacità degli anziani di resistere e di adattarsi a una società che ha polverizzato la loro struttura di riferimento: la famiglia».

GLI ITALIANI DAL 1946 AD OGGI A ZURIGO-OERLIKON
La mostra storica di Sandro Bellisario «Italiani a Oerlikon, dal 1946 al 2000» ha invece messo in evidenza la vita degli italiani emigrati nel quartiere industriale zurighese di Oerlikon, il loro modo di adattarsi alle abitudini elvetiche e alla vita quotidiana. La mostra, cofinanziata dal comune di Zurigo, illustra il significativo contributo dato dagli operai italiani al progresso economico della Svizzera, i forti flussi migratori degli anni ’50 e ’60, il degradante controllo medico al confine di Stato, le baracche in cui gli italiani erano spesso costretti a vivere e che scomparvero solo negli anni ’70, i bambini cosiddetti nascosti, ai quali veniva negato il diritto di stare con i propri genitori, costretti a vivere rinchiusi in casa con effetti spesso traumatici, le organizzazioni costituite dagli italiani per sostenerli nell’integrazione, quando quest’ultima non era ancora istituzionalizzata, i corsi professionali e quelli per apprendere la lingua del posto tenuti da enti nati per le esigenze degli italiani di allora.

LA RACCOLTA FOTOGRATICA DELLA FCLIS
La terza mostra dedicata alla storia delle Colonie Libere Italiane è stata presentata da Mauro Bistolfi e Claudio Micheloni. Realizzata dal prof. Sandro Cattacin e altri nel 2003 in occasione del 60° anniversario di fondazione della FCLIS, comprende otto pannelli che descrivono i momenti più significativi del percorso storico di questo movimento politico fondato da antifascisti fuorusciti negli anni ’20 del secolo scorso: le lotte per il ricongiungimento familiare, per il diritto di voto, per l’abolizione dello statuto dello stagionale e tanti altri.
Nella giornata di sabato, invece, si è tenuto un convegno incentrato sui temi corridoi umanitari, migranti ieri e oggi e politiche d’integrazione. La presidente della Federazione delle Colonie Libere Italiane in Svizzera (FCLIS) e presidente del concistoro della Chiesa valdese di Zurigo, Anna-Maria Cimini, ha aperto i lavori esponendo i motivi che hanno ispirato l’evento: «oggi vogliamo avvicinare il Mediterraneo alla Svizzera per informare e sensibilizzare la popolazione su quanto sta accadendo lì e renderla consapevole che si tratta di un problema di dimensione continentale».

GLI ODIERNI FLUSSI MIGRATORI MISTI
E ancora: «a differenza dei movimenti migratori del secolo scorso, oggi assistiamo a un cosiddetto flusso migratorio misto, un complesso movimento che include rifugiati, richiedenti asilo, migranti economici, persone altamente qualificate nonché migranti forzati, cioè che fuggono da calamità naturali o ambientali e da carestie». Cimini ha rimarcato il fatto che gli organizzatori sono essi stessi migranti e figli di migranti che hanno vissuto in prima persona gli effetti sia negativi che positivi dell’esperienza migratoria e che sulla base di ciò intendono contribuire con umiltà al dibattito migratorio in atto oggi in Europa.
Si sono poi succeduti interventi che presentavano esempi di attività umanitarie rivolte ai migranti. Marta Bernardini, operatrice del programma Mediterranean Hope, ha illustrato questo progetto della Federazione delle chiese evangeliche in Italia e della Comunità di S. Egidio che, sulla base di un protocollo di intesa con il Ministero degli Affari Esteri e dell’Interno, organizza dei cosiddetti corridoi umanitari, per consentire ai profughi l’arrivo in sicurezza in Italia, rilasciando loro un visto umanitario. Una volta giunti in Italia essi possono fare regolare domanda di asilo. Oltre a presentare le peculiarità del programma, Bernardini ha denunciato le condizioni disumane delle migliaia di persone detenute nelle carceri libiche e le torture perpetrate ai profughi, nonché la criminalizzazione che viene fatta delle ONG che cercano di salvare vite umane. Infine, l’operatrice ha informato che dal 2014 a oggi sono morte nel Mediterraneo 18.199 esseri umani e ha tenuto giustamente a sottolineare che i promotori dei corridoi umanitari hanno dimostrato che le morti in mare si possono evitare.

IL RACCONTO DELLA GIORNALISTA SIRIANA
Asmae Dachan, giornalista e scrittrice italo-siriana ed esperta di Siria e Medio Oriente, ha proseguito documentando la drammatica situazione in Siria che «non è una guerra come tutte le altre in cui si contrappongono due eserciti, ma una guerra tutta interna con una serie di interessi internazionali». La giornalista ha parlato in particolare della difficile situazione dei bambini e delle tracce che questo conflitto lascerà in questi piccoli esseri costretti a subire questa guerra. Ha anche brevemente presentato il suo ultimo libro «Il silenzio del mare» che narra la storia di un ragazzo e di una ragazza che si imbarcano in Siria per raggiungere l’Italia, ma durante la traversata accade una tragedia e il ragazzo arriva a terra da solo.
Aniceto Edjang Mba Abeng, operatore della diaconia valdese nel torinese ha posto l’accento sui progetti di accoglienza e supporto ai migranti, richiedenti asilo e rifugiati che prevedono l’inserimento in abitazioni in cui è possibile gestire autonomamente la vita quotidiana, l’aiuto in termini di insegnamento della lingua, di orientamento professionale, di sostegno materiale e legale. Si è soffermato poi sul concetto dell’«amore per il prossimo» al quale la destra sovranista attribuisce un’interpretazione tutta propria, facendo distinzione tra il prossimo e l’altro.

LE POLITICHE D’INTEGRAZIONE
La rappresentante della città di Zurigo, Rosanna Raths-Cappai ha sottolineato l’importanza delle politiche d’integrazione intese come rafforzamento della coesione sociale, incoraggiamento al rispetto e alla tolleranza reciproci e come partecipazione alla vita economica, culturale e sociale su un piano di pari opportunità. Ha anche illustrato le numerose offerte e i progetti connessi al processo d’integrazione come ad esempio i corsi di nuoto per le donne musulmane, la prevenzione contro la violenza per i giovani del Kosovo o la messa a disposizione di fondi alle associazioni per la realizzazione di progetti volti all’integrazione.
La tavola rotonda conclusiva, con la partecipazione di Vincenzo Amendola, sottosegretario di Stato agli Affari esteri e alla Cooperazione internazionale del governo Gentiloni, di Claudio Micheloni, senatore della Repubblica Italiana fino al 2018 ed ex presidente della FCLIS, nonché di Mons. Antonio Spadacini, ex delegato nazionale della Conferenza episcopale svizzera e italiana, ha permesso di inquadrare la situazione dal punto di vista politico.

LA TAVOLA ROTONDA CON IL SOTTOSEGRETARIO AMENDOLA
È apparso evidente che nella situazione attuale diritti e migrazione sono temi sempre più spinosi da affrontare nel confronto politico. Dagli interventi è emersa disapprovazione nei confronti delle forze di sinistra, che si mostrano reticenti nell’affrontare una tematica come quella dell’emigrazione. Una reticenza tanto più deprecabile in quanto figlia del miope calcolo elettorale fine a sé stesso. In tal modo, si lascia il campo libero alle speculazioni più reazionarie, a quei partiti che, come si dice oggi, parlano alle «pance» piuttosto che alle «teste» delle persone. Le forze progressiste sono colpevoli, perché non hanno saputo capire che, anche se in buona parte ingiustificata, la paura c’è e con questo stato di cose ci si deve confrontare anziché, come purtroppo è accaduto e i recenti dati elettorali, in Italia ma anche altrove, sono lì a dimostralo, rimuoverlo con superficialità. La paura cancella i valori, paralizza i pensieri. Per superarla occorre porsi i problemi, affrontarli, parlarne, confrontarsi anche con chi non la pensa come noi.