“Il mio legame con l’emigrazione italiana”

marta_bernasconiIntervista con la Dotto.ssa Marta Bernasconi, curatrice insieme alla presidente del Comites Mariachiara Vannetti, della mostra “50 anni di Scuola Italiana”, ricordando il tempo trascorso dall’iniziativa di Schwarzenbach e festeggiando i 50 anni del Cipe”. Inaugurazione venerdi 22 ottobre, alle ore 18.30, presso il Musée d’histoire a la Chaux-de-Fonds.

Marta Bernasconi, nata e cresciuta in un paesino vicino a Bellinzona, nel Canton Ticino, dopo aver frequentato il liceo, si è iscritta nel 2016 all’Université de Neuchâtel, dove ha ottenuto un Bachelor in geografia ed etnologia. In seguito ha deciso di proseguire ulteriormente gli studi per iscriversi al Master, sempre all’Université de Neuchâtel. Nello specifico, in scienze sociali, con orientamento “studi delle migrazioni e della cittadinanza, e geografia umana”.

Un incontro quasi casuale con il Comites di Neuchâtel
Esatto, è proprio durante i miei studi di Master che sono un po’ per caso entrata in contatto con Mariachiara Vannetti e con il ComItEs. Difatti, nell’email di bentornato inviata dal nostro responsabile all’inizio del secondo anno, c’era l’indicazione che il ComItEs era alla ricerca di uno/a studente/essa universtario/a per dare una mano nei progetti previsti per il 2020/2021. Essendo ticinese, e quindi madrelingua italiana, ho pensato che potesse essere una buona occasione per fare un’esperienza nuova, sfruttando le mie conoscenze linguistiche italiane e francesi, e per mettere in pratica le conoscenze teoriche apprese all’università. Mi sono quindi subito annunciata, ho incontrato Mariachiara e da lì è iniziata la nostra collaborazione.

E così siete arrivate alla realizzazione della mostra?
Ho subito trovato molto interessante il progetto proposto dal ComItEs nell’ambito della manifestazione Neuchà’toi. Sia la realizzazione del fumetto, per il quale non ho collaborato, che soprattutto la realizzazione dell’esposizione che aprirà il 22 ottobre.

Ha legami con l’emigrazione italiana?
Mio nonno è italiano, è originario di un paesino fuori dal confine, a pochi chilometri da Chiasso, ma già lui è nato e cresciuto nel Canton Ticino. Mio papà aveva ereditato la cittadinanza italiana da lui, insieme a quella svizzera da parte di mia nonna, ma per questioni burocratiche quella italiana gli è stata ritirata a 18 anni. Io sono quindi solo cittadina svizzera.

Con la mostra ha avuto modo di approfondire il tema?
Da giovane ragazza ticinese sono cresciuta in un contesto in cui la migrazione italiana fa parte dei discorsi politici, storici e mediatici in maniera molto differente rispetto al contesto del Canton Neuchâtel. Nonostante il Ticino abbia conosciuto una grande immigrazione italiana come il resto della Svizzera, i discorsi concernenti i lavoratori frontalieri sono quelli a cui sono sempre stata maggiormente confrontata. Quindi quando è apparsa la possibilità di approfondire altri aspetti legati alla migrazione italiana, e di farlo in tutto un altro contesto (in un cantone non italofono, e situato geograficamente dall’altra parte della Svizzera), ho subito pensato che sarebbe stato molto interessante, e che mi avrebbe di sicuro permesso di scoprire molto di più sulla comunità italiana in Svizzera. E così è stato, in questo anno di preparazione (alla mostra, ma anche alla mia tesi di master, che tratterà anche della migrazione italiana) ho avuto modo di approfondire moltissimi aspetti ed eventi, che non hanno fatto solo la storia della migrazione italiana in svizzera, ma anche della svizzera stessa.

Alle sue competenze si è unita la passione?
Sicuramente. Ho da subito voluto prendere parte al progetto della mostra, perché era quello in cui mi sentivo di poter essere più utile al ComItEs. Qui ho infatti la possibilità di mettere in atto le mie competenze nella realizzazione di piccole interviste per raccogliere testimonianze da portare nell’esposizione, ma anche di tradurre le mie conoscenze teoriche nei pannelli esplicativi per i visitatori. Con Mariachiara abbiamo lavorato a lungo per mettere insieme questa mostra, non senza imprevisti o cambiamenti. Siamo quindi arrivate alla decisione di concetrarci sulla scuola italiana, elemento che io trovo davvero molto interessante. Come ho detto, essendo nata e cresciuta in Ticino, non l’ho mai frequentata, ma è anche soprattutto in quest’ottica che trovo il progetto anche dal punto di vista personale molto interessante. L’italiano è infatti lingua nazionale, ma non obbligatorio nelle scuole svizzere, e ho quindi apprezzato poter parlare di questi corsi della scuola italiana, che di fatto permettono a tutti i bambini scolarizzati in Svizzera di apprendere l’italiano.