Viviamo in un’epoca post-Covid e, recentemente, anche funestata dalla guerra in Ucraina con tutte le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti e, soprattutto, nell’economia e nella vita di tutti. L’inflazione è ormai fuori controllo, il personale manca in tutti i settori, le materie prime registrano impennate nei costi a livello settimanale, i costi dell’energia lievitano di giorno in giorno e ogni previsione e programma necessita di essere revisionato costantemente.
Ciononostante, sono altresì sicuro che i consumatori abbiano la tendenza a premiare ogni investimento fatto nell’ambito della sostenibilità e del bando agli sprechi, oltre che della qualità del prodotto, privilegiando in primis le buone esperienze culinarie. Di conseguenza, oggi più che mai, è necessaria un’apertura epocale per la categoria dei cuochi: vanno, senza dubbio, superate tutte le barriere imposte dai vari loghi. La collaborazione tra i professionisti del settore deve essere un punto fermo: la parola d’ordine, senza dubbio, la cooperazione. Sono assolutamente convinto che in Italia, e di conseguenza nel mondo, ci stiamo un po’ tutti disgregando a livello associativo.
Ciascuno porta l’acqua al suo mulino senza comprendere che gli obiettivi e l’impegno delle svariate associazioni sono di fatto gli stessi, tutti rivolti alla crescita professionale del settore. L’interazione e la sinergia fra le diverse associazioni porterebbe ad ottenere senz’altro risultati migliori a favore di tutti. Nel mio piccolo mi occupo già da diverso tempo di promuovere i cuochi e la cucina italiana nel mondo a prescindere dall’associazione e dal logo presente sulle rispettive giacche, nella convinzione che sia l’unico modo proficuo per portare avanti un’idea culinaria che è patrimonio di tutti.