I ricercatori dell’Università del Kent hanno condotto uno studio analizzando i dati sul consumo di cibo in 171 Paesi di tutto il mondo dal 1961 al 2013.
Il team, nel quale fa parte anche la dottoressa italiana Mariachiara Di Cesare, ha scoperto che la Corea del Sud, la Cina e Taiwan hanno subito i maggiori cambiamenti alimentari negli ultimi cinque decenni con l’aumento di cibi di origine animale come carne e uova, zucchero, verdure, frutti di mare e colture oleaginose.
Nei paesi occidentali ad alto reddito i cambiamenti con maggior uso di verdure e minore consumo di alimenti di origine animale e di zuccheri sono avvenuti in sei paesi dell’Europa meridionale (Cipro, Portogallo, Grecia, Spagna, Malta e Italia) e in alcuni paesi di lingua inglese ad alto reddito (ad esempio Australia e Canada).
I paesi con i minori cambiamenti nelle abitudini alimentari sono nell’Africa sub-sahariana (ad esempio, Mali, Ciad e Senegal), in America Latina (ad esempio in Argentina) e in Asia meridionale (ad esempio in Bangladesh).
I progressi nella scienza e nella tecnologia, insieme ai redditi crescenti, hanno permesso a molte nazioni di avere accesso a una varietà di alimenti. Tuttavia, l’obesità rimane una preoccupazione a lungo termine.
Gli autori dello studio si augurano che i risultati possano aprire le porte all’analisi degli impatti sulla salute dei modelli di dieta globale. Allo stesso modo occorre considerare attentamente gli impatti ambientali di queste tendenze.