La premier britannica Teresa May, partecipando all’ultimo Forum Economico di Davos, una località montana delle Alpi Retiche con accentuata enfasi “anglomaniacy”, testualmente ha affermato: “C’è ora un’opportunità unica per la Gran Bretagna, quella di assumere la leadership mondiale del libero commercio per costruire Gran Bretagna davvero globale”.
Da questo intervento, una nostalgica retorica di coloniale megalomania patriottica, si può evincere che la nuova premier aspiri a divenire la guida commerciale e forse culturale del globo. Possibilmente la velleitaria Primo Ministro mira a divenire una “IRON LADY NUMBER TWO” (la gran dama di ferro numero due), sulle orme storiche della famigerata defunta Margaret Thatcher. Personalmente dubito che la presunta nuova “Iron lady” britannica disponga dell’intelligenza, cultura e competenza politica di Margaret Thatcher, verosimilmente con la sua parvenza estetica all’inglese sembrerebbe più una brutta copia di una “barby beauty” che vorrebbe intenzionalmente strumentalizzare il Brexit per autoincoronarsi di un primato mondiale sul versante di politica economica. Nel corso delle trattative con l’autorità comunitaria la lady Teresa ha dovuto amaramente costatare che l’uscita dall’Europa Unita non sarebbe tanto facile come lei supponeva.
Dopo aver superato le prime difficoltà concernenti l’esoso importo finanziario che il Regno Unito dovrebbe versare a favore della EU, aggirandosi intorno ai cinquanta miliardi di sterline, nuovi inciampi di natura politica si delineano all’orizzonte dei negoziati, per la cui complessità la May potrebbe rimetterci la sua “pellicchia politica”. Un ulteriore insormontabile impedimento di natura politica è recentemente emerso: il confine tra i due stati in territorio irlandese, l’Irlanda del Nord facente istituzionalmente parte della corona della regina e l’indipendente Repubblica Irlandese.
Gli autoctoni di ambedue le parti esigono una frontiera trasparente che consenta uno scambio commerciale libero ed un transito di cittadini senza rigido controllo, in altri termini l’Irlanda del Nord dovrebbe disporre di uno statuto speciale.
Ovviamente ciò costituisce un’insostenibile richiesta politica che andrebbe a ledere la sovranità della regina e della sua “sacra corona unita” simboleggiante il Regno Unito, essendo la questione irlandese storicamente intrisa di numerosi difficoltà istituzionale e politiche difficilmente da dipanare: un’amara pillola da ingoiare per la negoziatrice britannica.
Un’ipotetica concessione a Belfast potrebbe causare ulteriori difficoltà alla Lady “prime minister”, in quanto anche la Scozia, una regione altamente “Eurofila” inoltrerebbe analoga richiesta per l’ottenimento di uno statuto speciale contemplante un libero scambio commerciale con l’Europa Unita.
Tale richiesta scozzese determinerebbe de facto un ben “castrato Regno Unito”; un enorme smacco per Teresa May; per la queen Elisabetta e per i conservatori, nostalgici contemplatori del glorioso “BRITISH EMPIRE”.
L’ipotesi di un amputato Regno Unito potrebbe causare le dimissioni politiche della Teresa May e nel contempo sminuire la storica metafora inglese “fog in the channel, continent isolated” (nebbia nel canale della Manica continente europeo isolato), espressione che la “british gutterpress” (la stampa da fogna) riportava in titoli di prima pagina a caratteri cubitali per enfatizzare l’insulare superiorità britannica nei confronti dell’intero continente europeo, che il medesimo eroe nazionale Winston Churchill, dopo la vittoria sulla Germania nazista, sovente orgogliosamente proferiva.