Dopo la proiezione, Christian Jungen, direttore artistico dello ZFF, ha accolto sul palco tre ospiti di spicco per un discorso dal vivo: Alessandro Della Villa, scrittore, regista e produttore, l’attore protagonista Cristiano Burgio e l’uomo la cui esperienza è stata una parte importante per l’ispirazione del film: La leggenda dell’arbitro Abraham Klein.
Klein è stato uno dei migliori arbitri internazionali degli anni ’70 e ’80 del secolo scorso. In tale veste ha diretto alcune delle partite memorabili della nazionale di calcio italiana, fra cui quella contro il Brasile ai Mondiali del 1982. Italoblogger.com ha incontrato l’ex fischietto israeliano a tu per tu al FIFA Museum di Zurigo.
Vale la pena tracciare un pò della vita interessante di Abraham Klein. Nacque nel 1934 a Timisoara, che allora apparteneva all’Ungheria, e visse i primi anni di vita nel mezzo delle sofferenze dovute all’antisemitismo diffuso in Europa dalla Germania nazista. Il padre riuscì a scappare prima dell’inizio della guerra, la madre restò ad accudire i figli e sopravvisse fra incredibili traversie durante gli anni del conflitto, mentre molti membri della famiglia Klein furono deportati ad Auschwitz, senza fare più ritorno. Con l’arrivo della pace, il sollievo per essere sopravvissuti lasciò quasi subito il posto allo strazio dell’indigenza e della discriminazione.
LA PASSIONE DI KLEIN PER IL CALCIO
In Israele Klein sviluppò una grande simpatia per il calcio e per l’arbitraggio. Divenne in pochi anni uno dei migliori fischietti del campionato nazionale. Con sole altre quattro direzioni internazionali, fu inviato ai Mondiali messicani del 1970 e gli fu affidato il match fra il Brasile e l’Inghilterra, le squadre che avevano vinto le ultime tre edizioni della rassegna iridata, in pratica una finale anticipata: sui giornali inglesi scrissero che era come mandare un boy-scout in Vietnam.
Ricorda Klein: «Ero nervosissimo e mi tremavano le mani, così le tenni in tasca fino all’ultimo, poi estrassi la destra e strinsi con forza quelle di Bobby Moore e Carlos Alberto». Tutto andò per il meglio, Klein arbitrò con la sua già invidiata autorevolezza naturale, tanto più sorprendente per un uomo alto meno di 1,70, che generalmente era sovrastato dai giocatori che dirigeva. Negò un rigore a Pelé che aveva esagerato una carica di Alan Mullery e anche gli esigenti inglesi dovettero riconoscere che l’arbitraggio dell’oscuro israeliano era stato impeccabile.
IL TERRORISMO PALESTINESE
Dopo l’assalto dei terroristi palestinesi di “Settembre nero” alla squadra di Israele nel villaggio olimpico di Monaco, nel 1972, che costò la vita a 11 atleti israeliani, per ragioni di sicurezza a Klein fu impedita la partecipazione ai Mondiali tedeschi del 1974. Tornò alla ribalta nel novembre 1976, quando la FIFA gli assegnò lo scontro fra Italia e Inghilterra per le qualificazioni al Mundial argentino.
Ai Campionati del mondo del 1978, Klein era l’arbitro migliore sulla piazza. L’Argentina, padrona di casa, era stata smaccatamente favorita dalle giacchette nere e ora, se voleva continuare a giocare a Buenos Aires, doveva battere l’Italia nella terza partita del girone eliminatorio. Fu un altro lavoro per Klein, che nel frastuono di 100.000 argentini urlanti condusse la gara con la consueta autorevolezza, guadagnando il rispetto dei giocatori e respingendo le pressioni del pubblico.
Poi, gli eventi presero una piega drammatica. Il 3 giugno 1982, l’ambasciatore israeliano in Inghilterra, Schlomo Argov, fu oggetto di un’aggressione da parte di terroristi palestinesi, che gli spararono alla testa. Argov restò in coma per tre mesi e l’attentato fu la causa scatenante della guerra in Libano.
Il 7 giugno, Klein seppe che il figlio Amit era stato inviato in prima linea e immediatamente dichiarò di non essere nelle condizioni psicologiche adatte a svolgere il suo lavoro. Accettò di fare il guardalinee e il 18 giugno affiancò il tedesco Eschweiler in Italia-Perù. Al ritorno in albergo, trovò una lettera di Amit, che gli annunciava di essere in buona salute e lo incitava a tornare ad arbitrare. La sera stessa, finalmente, padre e figlio si parlarono al telefono: Klein era adesso libero di tornare protagonista.
LA PARTITA ITALIA-BRASILE
Al secondo turno era in programma la sfida decisiva fra Brasile e Italia. La FIFA schierò il suo fischietto più affidabile, ma Klein non era per niente eccitato: «Pensavo che i brasiliani avrebbero vinto agevolmente e dissi ai guardalinee che nessuno avrebbe ricordato quella partita da lì a tre mesi, ma quando Rossi segnò il 2-1 capìi che eravamo nel bel mezzo di una partita storica». Sul punteggio di 1-1, Zico chiese un rigore per una trattenuta di Gentile, che addirittura gli strappò la maglia: «L’avrei concesso senza esitazione e mostrato a Gentile il secondo cartellino giallo, ma il guardalinee aveva già segnalato un fuorigioco. Zico non accettò la mia decisione e continuava a mostrarmi la maglia lacerata, allora gli risposi di andare subito a cambiarsela!».
La direzione di Klein non fu esente da errori, come ricordano bene soprattutto i tifosi viola, per via della rete del 4-2 ingiustamente annullata ad Antognoni. Tuttavia, all’ultimo minuto di quella che sarebbe stata la sua ultima gara di Coppa del Mondo, la straordinaria condizione atletica consentì al 48enne Klein di beneficiare di un eccellente angolo visivo nel momento in cui Zoff bloccò sulla linea il colpo di testa di Oscar. Mentre i carioca reclamavano il gol, il fischietto israeliano fece cenno di proseguire.
L’Italia vinse 3-2 e volò in finale contro la Germania Ovest, dove però non arrivò Klein. Fra imbarazzi e mezze ammissioni, la Commissione arbitrale pensò di non dispiacere i tedeschi per ovvie, storiche ragioni: insieme al rumeno Rainea, Klein affiancò così l’arbitro brasiliano Coelho come segnalinee.
IL CALCIO AL FIFA MUSEUM DI ZURIGO
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