A Basilea manifestazione per dire stop al patriarcato!

La lettera, sia in italiano che in tedesco, distribuita sabato alla Barfüsserplatz in occasione della Giornata Internazionale. Il GIR, Partito Democratico di Basilea e la Colonia Libera Italiana locale hanno partecipato alla piazza organizzata dall’UNIA di Basilea.

La guerra è sempre violenza. E come ogni violenza, colpisce maggiormente chi detiene meno potere, tra queste le donne, mai semplici spettatrici dei conflitti, ma bersagli: stupri usati come armi, tratta, prostituzione forzata, mutilazioni, matrimoni imposti. Per le donne, la guerra continua nei corpi devastati, nelle vite spezzate, nelle libertà cancellate, in quella che Rob Nixon chiama “violenza lenta”. Una violenza, cioè, che tende a manifestarsi solo dopo un certo tempo passando spesso inosservata.

Che cos’è, allora, la pace per le donne e quando si realizza? Analizzare una guerra attraverso lo sguardo femminile e femminista ci permette di coglierne le conseguenze di lunga durata e, quando sul campo di battaglia non ci sono più soldati, di documentare le ferite che ha inferto.

Ma “la guerra comincia anche all’interno della famiglia”.

Il patriarcato è il terreno fertile per il militarismo e per l’autoritarismo. Entrambi si fondano infatti sul controllo, sull’aggressività e sulla normalizzazione della violenza in ogni aspetto della vita sociale, entrambi presuppongono non solo la supremazia politica e culturale degli uomini, ma anche il prevalere del discorso maschile in generale.

A cosa pensiamo quando diciamo di volere uno Stato forte, che ci difenda? All’aumento delle armi atomiche, della spesa militare e del numero di soldati? Oppure a negoziati e a processi di pace, al dialogo e alla soluzione delle tensioni interne? L’esperienza dei movimenti femminili pacifisti e democratici mostra che le donne concepiscono la forza, e la pace, non in relazione alla capacità di contrattaccare o di soggiogare gli avversari politici, ma bensì alla possibilità di raggiungere un accordo, di rispettare e far valere diritti internazionali e libertà civili.

Sia chiaro, ciò non significa che tutte le donne abbraccino la democrazia e rifiutino la guerra. O che, di contro, tutti gli uomini sostengano posizioni militariste e autoritarie. Allo stesso modo non esiste una visione delle cose “femminile” intesa come un insieme omogeneo e riconducibile a un nucleo comune.

Siamo, tuttavia, fermamente convinte che in un contesto patriarcale caratterizzato da un crescente militarismo e da una costante violenza, sia impossibile immaginare un movimento contro la guerra senza i corpi delle donne, i nostri. Da un lato, come donne, ci opponiamo attivamente alle norme che alimentano i conflitti; dall’altro contribuiamo a mettere in discussione idee consolidate, e spesso obsolete, circa la democrazia, la guerra e la costruzione della pace.

Dire NO alla guerra, con voce e corpi femminili, significa rifiutare la logica della sopraffazione, quella stessa logica che giustifica la violenza sulle donne ogni giorno, in ogni parte del mondo. Noi siamo contro. Senza condizioni. Senza eccezioni. Con consapevolezza. Con determinazione.

Rivendichiamo e dichiariamo pace noi donne, urliamo di fermare le guerre, qui e ora. Senza anteporre deliri di potere di alcun genere perché dietro di essi vi è sempre la negazione dell’identità delle donne, prime vittime di tutte le guerre insieme alle/ai bambin*. Perché ogni conflitto porta con sé nuove oppressioni, nuove ingiustizie, nuove sofferenze per le donne, per le bambine, per tutt*.

Perché la guerra – insegna Hannah Arendt – non ripristina i diritti bensì ridefinisce i poteri, mentre pace significa anche sicurezza, autodeterminazione, libertà.

LETTERA IN PDF: TEDESCO E ITALIANO